giovedì 20 maggio 2021

Kennedy, la rivelazione: «Il giorno dell'omicidio chiese alla scorta di tenersi a distanza»

Il presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy, nel giorno del suo assassinio a Dallas, il 22 novembre 1963, chiese agli uomini della sua scorta di tenersi a distanza. Una rivelazione choc, quella che arriva dal libro Zero Fail: The Rise and Fall of the Secret Service, scritto dalla giornalista Carol Leonnig, del Washington Post.

Nel libro, in uscita il 18 maggio, si racconta la storia presidenziale dal punto di vista del Secret Service, l'agenzia che si occupa appunto della sicurezza dei presidenti. Si parla di come risorse inadeguate, persone da proteggere restie, una cultura machista, hanno spesso lasciato gli agenti impreparati per missioni salvavita. Nel caso dell'assassino di Dallas, all'epoca John Fitzgerald Kennedy chiese che gli agenti fossero collocati su un'auto separata e non su una sorta di asse messa sul portabagagli della vettura presidenziale. «È eccessivo - disse Kennedy a Floyd Boring, supervisor del Secret Service - e dà l'impressione sbagliata alle persone. Abbiamo un'elezione e il punto è che io sia accessibile alla gente».

Sempre secondo quanto si legge nel libro, John Fitzgerald Kennedy fu l'impegno più duro per gli agenti anche a causa del suo comportamento imprudente con le sue scappatelle, per le quali cercava di scaricare gli uomini della sua scorta ad ogni occasione. «Se qualcuno è così pazzo da voler uccidere il presidente degli Stati Uniti, che lo faccia» - disse in un'occasione Kennedy al suo portavoce.

Inoltre, grazie al suo carisma e il suo appeal telegenico, John Fitzgerald Kennedy fu anche il presidente che superò ogni record in fatto di viaggi presidenziali subito dopo la sua elezione nel 1961. All'epoca il Secret Service aveva solo 34 agenti che lavorano in squadre di sei uomini con turni di otto ore ma spesso a causa dei ritmi del presidente erano costretti a turni estenuanti e a sacrificare vacanze o giorni liberi.

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